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I cambiamenti climatici e le attività antropiche stanno causando forti impatti sugli ecosistemi marini provocando una grave perdita di habitat. Gli habitat danneggiati sono improduttivi e non forniscono quei beni e servizi ecosistemici cui è legata l’economia del mare (pesca e turismo blu) e la salute dell’uomo. Per fermare la degradazione di habitat e il conseguente declino del numero di specie, è necessario integrare azioni di gestione e protezione con opere di restauro ecologico, ovvero azioni di recupero, da parte dell’uomo, di un ecosistema precedentemente degradato, danneggiato o distrutto. Dopo il conseguimento del PhD in Biologia ed Ecologia Marina, il mio attuale assegno di ricerca si inserisce nell’ ambito di MERCES (Marine Ecosystem Restoration in Changing European Seas), il primo progetto europeo riguardante il restauro di ambienti marini degradati. Obiettivo principale è sviluppare nuove metodologie, definire protocolli e linee guida sulle pratiche di restauro ecologico per ottimizzare le azioni di recupero di beni e servizi forniti dal mare e indispensabili per il benessere dell’uomo. In particolare, il progetto per cui lavoro ambisce a sviluppare strumenti efficaci ed economicamente vantaggiosi per restaurare ambienti costieri, caratterizzati da praterie di fanerogame, impattati da pesca, turismo e strutture a mare. Tra le sfide, anche il restauro di ambienti marini profondi, al di sotto dei 200 m di profondità, danneggiati da attività estrattive di idrocarburi, minerali e pesca a strascico. Contestualmente saranno svolte anche analisi socio-economiche per valutare i benefici e la sostenibilità delle azioni. Non solo monitoraggio, dunque, ma creazione di “modelli di restauro” per lo sviluppo di un core business, di un’ industria del recupero che oltre a salvare il salvabile, possa creare occupazione nel lungo termine, coinvolgendo ricercatori, portatori di interesse nel settore pubblico e privato e promuovendo la nascita di una nuova generazione di esperti del recupero ambientale.